La somministrazione di lavoro non può protrarsi per tre anni continuativi
Con sentenza del 10 marzo 2025 (testo), la Corte d’Appello di Lecce – confermando la pronuncia di primo grado – ha rilevato che la somministrazione di lavoro protrattasi per tre anni (senza soluzione di continuità, presso la medesima impresa utilizzatrice e con le medesime mansioni) costituisce un “ricorso abusivo a missioni successive”. Ne consegue il riconoscimento ab origine di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente in capo all’impresa utilizzatrice, con condanna al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 6 mensilità.
Nel caso di specie, è stato evidenziato sia un “impiego costante del lavoratore come addetto al call center front end e/o front office” (peraltro, in un quadro fattuale con un “ricorso massiccio e costante … al lavoro supplementare e straordinario”) che l’assenza di una “spiegazione oggettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata abbia fatto ricorso ad una successione di contratti interinali nell’arco del triennio”.
Nell’attesa che si pronunci la Corte di Giustizia europea (cui la questione di legittimità della normativa italiana è già stata rimessa in più occasioni), la pronuncia in commento si aggiunge ad altre recenti sentenze recenti in materia, rilevando come, posto che “la durata delle missioni deve … essere limitata nel tempo”, un periodo di 3 anni non può quindi considerarsi “temporaneo” (proprio in applicazione della normativa comunitaria).
[Per richieste e approfondimenti, contattare gmatarazzo@gmlegale.it]
